L'accordo di Caserta segnò il futuro della Grecia
Pubblichiamo di seguito uno degli interventi del Convegno che si è svolto lo scorso 4 maggio presso il Liceo Giannone di Caserta sulla presenza del Governo greco in Italia alla fine della seconda guerra mondiale.
di
Francesco Anghelone
(Istituto Studi Politici S. Pio V, Roma)
A Caserta è stata scritta una pagina importante della storia
contemporanea della Grecia, significativa sia per i suoi effetti immediati che
per quelli futuri. Per comprendere appieno l’importanza del cosiddetto Trattato
di Caserta, occorre tuttavia ripercorrere, seppur velocemente, le vicende che
hanno segnato i rapporti tra il governo greco in esilio e le forze di
resistenza lungo tutto l’arco della Seconda guerra mondiale.
Come certamente sapete, la fiera resistenza dell’esercito
greco all’invasione italiana costrinse la Germania a intervenire militarmente.
Hitler il 6 aprile del 1941 diede avvio all’operazione Marita, la quale portò all’occupazione del paese in breve tempo.
Il 20 aprile, infatti, il generale Tsolàkoglu, comandante
dell’Armata della Macedonia occidentale, si arrese agli invasori senza aver
ricevuto alcuna autorizzazione da parte del governo di Atene. Mentre i tedeschi
puntavano verso Atene, il governo ellenico e il re si trasferirono dunque a
Creta, dove si credeva si potesse resistere. Un massiccio bombardamento aereo
da parte tedesca il 20 maggio 1941 fece tuttavia cadere anche questa speranza e
pure Creta venne conquistata. Le truppe greche, quelle inglesi che erano state
dispiegate sul territorio ellenico, il governo greco e il re si trasferirono
quindi in Egitto. Mentre in Grecia nasceva un governo fantoccio guidato dal
generale Tsolàkoglu, cui succederanno i civili Logothetòpoulos e Ràllis, il re
e il governo greco in esilio si trasferirono per un breve periodo a Londra.
In Grecia intanto si organizzavano le prime forme di resistenza e un ruolo particolarmente importante fu quello giocato dal KKE (partito comunista greco). Nonostante molti dei suoi quadri al momento dell’occupazione si trovassero in prigione, così come il suo stesso leader Nìkos Zachariàdis (il quale trascorrerà tutto il periodo della guerra a Dachau), il partito poteva contare su un’ottima struttura organizzativa, determinata proprio dal fatto che durante il regime di Metaxàs era stato costretto a operare in clandestinità.
Il sesto plenum del partito comunista, decise che era
fondamentale operare contro gli occupanti tedeschi. Il KKE invitò quindi i
cittadini greci a unirsi al Fronte di Liberazione Nazionale (EAM), fondato nel
settembre del 1941. All’interno del Fronte i comunisti erano certamente la
forza preminente, tuttavia esso comprendeva anche altre forze, seppure di
minore peso politico. Ben presto l’EAM diede vita all’ELAS (Esercito popolare
di liberazione nazionale), un’organizzazione militare che, nata nel dicembre
del 1941, già nell’estate successiva cominciò a operare il clandestinità con i
suoi primi gruppi, il più importante dei quali era guidato da Athanàsios
Klàras, conosciuto con lo pseudonimo di Aris (il dio della guerra), il quale fu
senza dubbio il più abile e importante capo partigiano dell’ELAS.
Tra la fine del 1941 e l’inizio del 1942 nacquero altre
organizzazioni partigiane non comuniste, come l’EDES (Lega nazionale
democratica) guidata da Napolèon Zèrvas, l’EKKA (Liberazione sociale e
nazionale) guidata da Dimitrios Psarròs, che però giocarono un ruolo meno
importante all’interno della resistenza.
In questa fase, mentre la resistenza si organizzava, il
governo in esilio non riusciva ad avere contatti costanti con il paese. Secondo
alcuni storici esso sembrava più preoccupato dalle rivendicazioni da portare
avanti dopo la fine della guerra, che dall’idea di contribuire
all’organizzazione di una vera resistenza agli occupanti. Ciò in parte era
dettato dalla convinzione che, eventuali azioni di resistenza militare,
avrebbero comportato una durissima reazione da parte degli occupanti nei
confronti dei cittadini greci.
Per quanto riguarda l’atteggiamento della Gran Bretagna, l’altro
attore importante della nostra storia, va tenuto presente che essa appoggiava
il ritorno del re a liberazione avvenuta perché si credeva che la monarchia garantisse
un atteggiamento amichevole nei confronti di Londra per il dopoguerra. Teniamo
presente che la Grecia occupava una posizione strategica per gli interessi
commerciali inglesi. Tuttavia le notizie che arrivavano dalla Grecia
dimostravano però che stava crescendo un forte sentimento repubblicano nel
paese. Gli inglesi operarono sino dal 1941 sul territorio greco attraverso la Special Operations Executive (SOE), che aveva il compito di
organizzare la resistenza nei territori occupati dell’Europa. In Grecia essa
entrò direttamente in azione a fianco della resistenza greca a partire
dall’autunno del 1942. A tale scopo venne inviata una squadra di sabotatori,
nome in codice Harling, sotto il comando del generale Myers, la quale aveva il
compito inziale di interrompere la ferrovia Atene-Salonicco. Successivamente
sarebbe rimasta in Grecia sotto il comando del colonnello Woodhouse.
Nel settembre 1942 gli inglesi entrarono in contatto sia con
Zervas che con Aris Veluchiotis. Il risultato fu l’azione congiunta che portò
alla distruzione dell’importante viadotto del Gorgopòtamos il 5 novembre 1942,
che permise di bloccare per settimane una essenziale via di comunicazione per i
tedeschi, ovvero la ferrovia Atene-Salonicco. Sarebbe stata, tuttavia, l’unica
importante occasione di collaborazione tra l’EDES e l’ELAS. Grazie alla
presenza sul terreno, Myers e Woodhouse ebbero modo di informare il Cairo che
l’ELAS era senza dubbio la forza di resistenza più forte, ma che essa, una
volta liberato il paese, aveva in mente di prendere il potere. Myers riferì
inoltre che aveva registrato una forte opposizione alla restaurazione della
monarchia nel dopoguerra. I rapporti di Myers, tuttavia, non vennero tenuti
quasi mai nell’opportuna considerazione.
Nel marzo del 1943 Zervas dichiarò il proprio appoggio al
ritorno del re e subito dopo Churchill emanò una direttiva a tutti gli
ufficiali di collegamento in Grecia, nella quale ordinava di collaborare solo
con le forze che appoggiavano la monarchia greca. Tuttavia erano pochi, in Grecia,
ad appoggiare re Giorgio. Nell’estate del 1943 gli inglesi tornarono quindi sui
propri passi. Dovendo preparare lo sbarco in Sicilia, volevano far credere ai
tedeschi che avrebbero invaso la Grecia, così da disorientarli. Per fare ciò
avevano però bisogno dell’ELAS. Pertanto riprese la collaborazione tra le
autorità inglesi e l’ELAS, la quale voleva legittimare il proprio ruolo proprio
nei confronti di Londra. Venne dunque creato un quartier generale unitario per
coordinare le attività di resistenza sotto l’autorità del Comandante in capo
britannico per il Medio Oriente. Ottenuto lo scopo di far credere ai tedeschi
che si stesse preparando un attacco alleato in Grecia, la collaborazione tra
ELAS e inglesi cominciò nuovamente a traballare.
Nell’agosto del 1943 una delegazione delle forze partigiane,
nella quale l’ELAS contava ben 4 rappresentanti su 8, si recò al Cairo, doveva
si era trasferito il governo greco in esilio, accompagnata da Myers. Lo scopo
era quello di ricomporre la situazione tra partigiani, inglesi e il governo
greco che Londra intendeva sostenere per il dopoguerra. Ciò che sarà poi fatto
proprio a Caserta. In quell’occasione i partigiani chiesero apertamente che il
re dichiarasse che non sarebbe tornato in Grecia prima di un referendum
istituzionale, cosa che il governo accettò. Re Giorgio tuttavia rifiutò che si
tenessero elezioni per un’assemblea costituente entro sei mesi dalla
liberazione così come di concedere tre ministeri chiave nominati dalla
resistenza nel futuro governo: Interni, Guerra e Giustizia.
I partigiani dunque tornarono sul territorio greco senza che
le loro richieste fossero state accolte. La rottura con il governo determinò il
fatto che la guerra civile nel paese, prima di allora possibile, sembrò
diventare una probabilità sempre più reale.
Il primo effetto fu l’avvio di uno scontro armato, tra ELAS e
EDES già nell’inverno 1943-44, da molti considerato il primo atto della futura
guerra civile. Gli inglesi decisero allora di interrompere le forniture di armi
all’ELAS, ma ciò non ebbe effetto perché dopo la resa della Divisione italiana
Pinerolo nel settembre 1943 i partigiani dell’ELAS poterono avere accesso a una
grande riserva di armamenti. A febbraio 1944 si giunse finalmente a una tregua
tra le due formazioni partigiane che, con il cosiddetto Accordo di Plàka,
stabilivano le rispettive aree di influenza. All’EDES tuttavia rimase solo
l’Epiro.
Un passaggio importante fu la creazione da parte dell’EAM, a
metà marzo del 1944, di un Comitato provvisorio di Liberazione nazionale
(PEEA), guidato da Alèxandros Svolos, un professore non comunista. Il Comitato
aveva il compito di amministrare le zone ormai sotto il controllo dell’EAM. La
crezione del Comitato rappresentava una sfida al governo in esilio guidato da
Tsuderòs, tanto più quando elementi delle forze armate di stanza in Egitto
vicini all’EAM fomentarono disordini, chiedendo la formazione di un governo di
unità nazionale che facesse riferimento al PEEA. Churchill ordinò una dura
repressione della rivolta e molti soldati furono internati.
Nonostante ciò la crisi aveva avuto effetti determinanti
sulle sorti del governo in esilio. Tsuderòs, alla guida dell’esecutivo
dall’aprile del 1941, lasciò il posto a Sofoklis Venezilos, presto sostituito
da Gheorghios Papandreou, capostipite della nota dinastia politica greca.
Papandreou veniva dalla Grecia occupata e la sua nomina alla
guida del governo in esilio sembrò dunque particolarmente convincente. Anche i
britannici apprezzavano Papandreou, non vicino alla monarchia ma fortemente
anticomunista. Essendo appena giunto in Egitto dalla Grecia poteva inoltre
vantare una conoscenza diretta della situazione reale in cui si trovava il
paese.
Uno dei primi atti del nuovo primo ministro fu la decisione
di convocare in Libano, nel maggio del 1944, una conferenza a cui vennero
invitate le delegazioni di tutti i partiti politici e di tutte le forze della
resistenza. Ai lavori, cui parteciparono venticinque delegati, fu presente per
tutto il tempo l’ambasciatore britannico presso il governo in esilio. L’EAM,
l’ELAS, il partito comunista greco e il PEEA inviarono i loro delegati, due
soli dei quali erano comunisti. VA notato quindi come la sinistra fosse nel
complesso sottorappresentata alla conferenza. I delegati della sinistra, in
minoranza e messi in scacco dall’abilità politica di Papandreou, il 20 maggio
1944 sottoscrissero un accordo col quale accettavano di porsi sotto il
controllo di un governo di unità nazionale in cui l’EAM poteva contare su 5
ministeri, tuttavia poco importanti. I vertici dell’EAM in Grecia tuttavia non furono
però d’accordo e chiesero che l’ELAS restasse sotto il loro controllo. Chiesero
inoltre le dimissioni di Papandreou e il mantenimento nei territori già
liberati del ministero degli Interni e della Giustizia.
Nel frattempo le trattative tra Londra e Mosca che portarono
agli accordi tra Stalin e Churchill dell’ottobre del 1944 stavano per cambiare
la situazione. In particolare Churchill temeva che la forza dei comunisti
all’interno, unita all’avanzata delle truppe sovietiche in Bessarabia, potesse
portare la Grecia sotto il controllo comunista. In quel periodo il premier
britannico non mancò di definire i membri dell’ELAS “banditi” e “le bestie più
infide e immonde”.
Nell’estate del 1944 l’EAM era tuttavia all’oscuro delle
trattative tra Londra e Mosca e dunque sperava comprensibilmente di poter
prendere il potere dopo la sconfitta dei nazifascisti. Comprensibilmente perché
l’ELAS era di gran lunga la forza più consistente della resistenza oltre che quella
più diffusa sul territorio greco. Basti pensare che il numero di militanti
dell’EAM alla fine della guerra venne stimato tra i 500mila e i 2 milioni (la
popolazione greca al tempo era di circa 6 milioni di abitanti). L’EAM aveva
conquistato inoltre ampi consensi tra i cittadini, non solo perché era la forza
partigiana più efficace nella lotta agli occupanti, ma anche perché nelle zone
liberate aveva messo in atto provvedimenti tesi a migliorare le condizioni dei
cittadini, soprattutto nelle zone rurali.
Nell’agosto del 1944 la situazione tra il governo in esilio e
l’EAM cambiò improvvisamente, allorché l’EAM dichiarò di accettare nella
sostanza l’accordo negoziato in Libano che fino a poco prima aveva sconfessato.
Una settima prima di questa svolta, non è certamente un caso, una missione
militare sovietica aveva raggiunto il quartier generale dell’ELAS. Che la
decisione dell’EAM fosse stata condizionata o meno dai sovietici, il fatto è
che essi persero probabilmente il momento opportuno per tentare di prendere il
potere in Grecia. Aver accettato di sottostare al governo di unità nazionale li
pose in una posizione di subalternità dalla quale non riuscirono più a
riprendersi.
Il 3 settembre 1944 sei ministri, in rappresentanza dell’EAM,
si recarono dal governo in esilio che intanto si era trasferito a Caserta. Per
la sede del governo greco fu individuata la località di Cava de’ Tirreni,
vicina a Caserta dove era stabilito il comando inglese. Papandreou fu ospitato
a Villa Ricciardi, mentre il governo ebbe sede presso l’Hotel Victoria
Maiorino.
Il 26 settembre si tenne la conferenza di Caserta allo scopo
di decidere i piani per l’immediato futuro della Grecia. All’incontro
parteciparono Papandreou e quattro dei suoi ministri, Macmillan (ministro
britannico per il Mediterraneo), l’ambasciatore inglese Sir Reginald Leeper. La
conferenza fu presieduta da Wilson, in qualità Comandante supremo alleato per
lo scacchiere mediterraneo, il quale aveva voluto la partecipazione di Zèrvas e
Saràfis (comandante militare dell’ELAS). Alla conferenza partecipò anche il tenente
generale Ronald Scobie, il quale avrebbe comandato il contingente di 6 mila
soldati inglesi che avrebbe accompagnato il governo greco nel suo rientro in
patria.
Il risultato dell’incontro fu il cosiddetto Trattato di
Caserta, il quale stabiliva che tutte le forze della resistenza sarebbero state
poste sotto il controllo del governo Papandreou, il quale le avrebbe poste
sotto il comando militare di Scobie. Le forze militari greche sarebbero state
comandate dal generale Spiliotòpoulos (un uomo di destra), comunque sottoposto
al comando di Scobie. Veniva dunque, di fatto, legalizzata la presenza
militare inglese in Grecia
L’Accordo fu firmato da Wilson e Macmillan per gli inglesi, da
Papandreou, da Sarafis e da Zervas per i greci.
L’accordo non mancò di essere criticato sulla stampa inglese,
la quale riteneva pericolosa la politica di Churchill tesa a mettere all’angolo
l’EAM, il quale aveva di fatto portato avanti la resistenza nel paese nei
momenti più duri dell’occupazione e poteva inoltre contare su un ampio appoggio
popolare.
In effetti gli accordi presi a Caserta, se da una parte
davano ampie garanzie agli inglesi e permisero al governo Papandreou di
preparare il rientro in patria con sufficiente ottimismo, dall’altra crearono
le condizioni per i futuri tragici eventi che avrebbero trascinato il paese
nella guerra civile per tre anni, dal 1946, al 1949. I termini del Trattato di
Caserta provocarono infatti grande confusione tra i comunisti in Grecia. Molti
erano per una rottura con Papandreou, ma la direzione del partito comunista
scelse una posizione attendista. Fu così che le truppe britanniche giunsero ad
Atene il 14 ottobre. Papandreou arrivò il 18 assieme a Scobie.
A Caserta si raggiunse un accordo che non
rifletteva il reale peso delle forze politiche all’interno della Grecia, ma che
era fortemente condizionato dalla situazione politica internazionale e in modo
particolare dagli interessi della Gran Bretagna. Londra, come dimostrato dagli
accordi dell’ottobre del 1944 tra Stalin e Churchill, non voleva in alcun modo
correre il rischio che la Grecia si ritrovasse all’indomani della fine del
conflitto con un governo comunista. Ciò avrebbe fortemente pregiudicato gli interessi
economici inglesi nel Mediterraneo e creato un avamposto comunista nell’area.
Ma perché l’EAM, e in particolar modo i comunisti che rappresentavano la sua
componente maggioritaria, non si oppose alla presenza militare inglese nel
paese e non pretese di svolgere un ruolo politico da subito centrale nel
governo greco? Probabilmente le scelte dei comunisti greci furono fortemente
condizionate dai rapporti con Mosca; non a caso dopo l’arrivo di una missione
sovietica l’atteggiamento dell’EAM cambia radicalmente rispetto all’ipotesi di
collaborare con il governo Papandreou. A pesare sulle loro decisioni vi fu
senza dubbio anche una tattica attendista che alla lunga certamente non pagò.
In ogni caso il governo di unità nazionale
durò pochissimo. Nessuna delle più importanti richieste avanzate dai comunisti (prima
fra tutte quella di ottenere dicasteri più importanti) venne soddisfatta da
Papandreou. I ministri comunisti dunque, in segno di protesta si dimisero e il
3 dicembre venne indetta una manifestazione per chiedere le dimissioni del
governo. La manifestazione sfociò ben presto in scontri e le truppe britanniche
aprirono il fuoco sulla folla, uccidendo decine di persone e ferendone molte di
più.
Resterà, quella, una delle pagine più
drammatiche e rilevanti della storia greca, ancora oggi ricordata come Dekemvrianà (che potremmo tradurre con “i
fatti di dicembre”).
Nel complesso possiamo affermare che gli
accordi di Caserta determinarono in modo chiaro e netto gli eventi futuri della
storia greca di quegli anni. L’esclusione dell’EAM, e dei comunisti in
particolare, da ruoli importanti di governo creò le condizioni per una rottura
definitiva all’interno del paese che nell’immediato ebbe come conseguenza lo
scoppio della guerra civile, ma che nel lungo periodo determinò una frattura
politica e culturale profondissima che attraverserà tutto il Novecento e ancora
oggi, sebbene in misura ridotta, si può cogliere nella società greca.
La Grecia ancora oggi fa i conti, anche
storiografici, con quel periodo storico. Ancora oggi molti archivi devono
essere aperti e studiati, così che quei tragici eventi, per decenni al centro
di scontri politici assai aspri, possano essere finalmente consegnati
solo ed esclusivamente alla storia.
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